Monica e il sogno di fare la sarta

Un sogno che si avvera: Monica cuce e ricama da quando era piccina e da qualche mese la sua passione è diventata un vero e proprio lavoro. E’ assunta a tempo indeterminato come soggetto fragile con un contratto di 22 ore settimanali 

Monica, che di secondo nome fa Violetta, ha 57 anni ed è la prima persona fragile entrata a far parte del team Jofi CoEvolution, la nuova start up sociale nata a Modena con l’obiettivo di inserire soggetti fragili nel mondo del lavoro. A febbraio 2023 è stata presa come tirocinante dalla cooperativa La Porta Bella e dal mese di giugno è a tutti gli effetti assunta a tempo indeterminato. Una storia di quelle rare, la sua, perchè Monica ora può vivere sul serio un progetto lavorativo che la porta verso l’autonomia e l’emancipazione. E questo rappresenta un grande traguardo, per lei, che alle spalle ha una storia personale importante (che non riporteremo per questioni di privacy) e che in passato ha vissuto anche un’esperienza di mobbing sul lavoro. 


Monica ha 57 anni, è sposata e vive a Spilamberto di Modena in un alloggio Erp (o casa popolare): trenta metri quadrati, di cui lei è molto contenta, con il marito. “E’ un piccolo nido, ci siamo trasferiti da poco perché ne abbiamo diritto, viviamo al terzo piano senza ascensore e Andrea mi ha aiutata tanto nel trasloco, perché ho dei problemi di salute e faccio fatica a camminare. Ci siamo sposati nel 2012, ma ci eravamo conosciuti molto tempo prima quando facevo la ragioniera in un’officina meccanica. Ai tempi ero già sposata, poi il matrimonio è finito e dopo qualche anno mi sono avvicinata ad Andrea: è un uomo calmo, tranquillo, non vuole mai litigare. Io invece sono esuberante, sono un ariete, spacco i muri”. 

Il 2 ottobre 2023 è una data spartiacque per Monica, una vita come dice lei “che si è spezzata e poi rinasce”. 

“E’ l’anniversario della morte del mio babbo, è sempre stato un giorno infelice, il più brutto della mia vita, mi è mancata la terra sotto i piedi quando è morto, ma da quest’anno ho deciso che per me inizia una nuova vita. Ho un lavoro, ho una casa nuova, ho iniziato a prendermi cura di me stessa e della mia salute che è molto fragile perché ho uno scompenso cardiaco e i polmoni pieni d’acqua. Questa nuova energia arriva sicuramente dal mio papà,  dall’alto dei cieli”.  


Ago e filo: un’arte che impara da piccina

Con orgoglio e soddisfazione Monica ci mostra lo schema Alice, sarta, ha realizzato per il corso P.I.C.: un piccolo corso di sopravvivenza di cucito manuale, in programma tra ottobre e novembre, per imparare le poche ma essenziali nozioni necessarie per potersi arrangiare con ago e filo. Anche se lei ago e filo li sa già usare benissimo. 

“Lo schemino lo ha ideato Alice, io ho fatto tutti i rettangoli con gli scarti dei tappetini Pisolino. In ogni schemino, che consegneremo a chi si iscrive al corso, ci sono i fac simile di cuciture che le persone impareranno a fare in autonomia: le due croci per imparare ad attaccare bottoni, sia da camicia, sia da cappotti e jeans, il punto indietro, il punto dritto, le imbastiture, le catenelle da 3 a 5 cm. Al corso insegneremo anche come rifare una cucitura che si è strappata, è utile per le situazioni di emergenza, ad esempio quando stai per uscire e ti si stacca il bottone dei pantaloni”.


Alice è la nostra insegnante, ma sono brava anche io nella pratica perché cucio da quando ero bambina, mi ha insegnato mia madre. Lei lavorava come sarta in casa, faceva anche i modelli dei pantaloni, è stata una maestra severa perché quando sbagliavo, per via del fatto che sono ambidestra, mi diceva “guasta” ed io dovevo ricominciare da capo. Piano piano ho acquisito sempre più sicurezza, le chiedevo qualche soldino e lei mi diceva  “se impari bene te li dò”: facevo la maglia ai ferri, l’uncinetto, i pizzi da attaccare alle lenzuola e alle coperte.

“Cucire, come ricamare, è diventata una passione e non più un’imposizione: quando lo faccio scarico la tensione e per me è molto importante dato che non sono una persona paziente. Questo lavoro è gioia. Ha portato un cambiamento radicale nella mia vita, perchè ho sempre lavorato come ragioniera e come segretaria aziendale”. 

Monica, 57 anni, lavoratrice fragile

Il sogno spezzato di un lavoro continuativo

Prima di riprendere in mano la sua passione di sarta, che oggi può sperimentare nel laboratorio sartoriale di Montale, Monica ha lavorato per 22 anni come segretaria aziendale in una ditta dove si occupava di tenere dietro a tutto: dalle fatture alle bolle, dal contatto con i vettori e i clienti, ai bilanci. Un’esperienza lavorativa finita male, però: quando il titolare è andato in pensione, con la nuova dirigenza Monica ha subito molta pressione. “Il nuovo capo mi trattava male, mi insultava, diceva che non sapevo lavorare. Non ne potevo più e alla fine mi sono licenziata. Ma prima l’ho portato in tribunale. Un giorno mi ha detto “ti taglio la gola”, andavo a lavorare con il terrore. Sono rimasta un po’ di tempo senza lavorare, facevo piccole riparazioni da casa oppure stiravo a domicilio, poi dal 2015 una susseguirsi di tirocini mai finalizzati all’assunzione, prima in una scuola media, poi in una struttura per anziani. A fine dicembre è arrivata la chiamata di Samanta che mi chiedeva di fare un colloquio per il progetto Jofi CoEvolution: ho detto sì e non mi sono mai pentita


Poi, un giorno, il sogno che diventa realtà

Oggi faccio un lavoro che mi piace, mi trovo bene perché sono cose che continuo a fare quotidianamente, non è difficile per me seguire ciò che dice la sarta, della mia passione ho fatto un lavoro.

Sono molto contenta, le ragazze che lavorano con me sono tutte più giovani, andiamo d’accordo, e quando bisogna pedalare come dice Alice bisogna stare lì e non parlare. A volte la faccio arrabbiare perché la interrompo quando spiega e lei si incavola.

In questi giorni io e lei abbiamo lavorato al nuovo prodotto che lanceremo per Natale e abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra. Un giorno lei è stata a casa e io sono stata capace di proseguire da sola, il risultato è stato perfetto e sono molto soddisfatta”. 

La cosa che piace di più a Monica, e lei ci tiene a sottolinearlo, è la soddisfazione nel poter prendere parte a tutti i pezzetti che compongono il puzzle finale di ogni creazione marchio Jofi: dall’ideazione del prodotto al disegno, dalla realizzazione alla comunicazione e alla messa in vendita. “Alla fine posso guardare il prodotto finito e dire: l’ho fatto io! Quando riesci a creare qualcosa dal nulla è davvero fenomenale. Mi entusiasma, sono felice, qui mi sento come a casa, mi sento apprezzata e utile. Il clima è sereno e si lavora bene, con le ragazze vado molto d’accordo: sono la più anziana e mi sento come mamma chioccia con i suoi pulcini”.

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