Maria Laura e l’arte di essere fragili 

L’incidente, il coma, il risveglio, la consapevolezza di una nuova vita, la ricerca di un lavoro. La storia di Maria Laura, uno dei lavoratori fragili del progetto Pet oriented Jofi CoEvolution 

Maria Laura insieme al suo cane Stitch (ph. Diego Camola)

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n giorno Maria Laura si è guardata allo specchio e ha pensato “Faccio schifo”.

Quel giorno è stato lo spartiacque tra il prima e il dopo, quel giorno Maria Laura ha preso consapevolezza di sé, della sua nuova esistenza, ha capito che doveva imparare a muoversi in un mondo che per lei era nuovo, dove tutto sarebbe dipeso che ciò che avrebbe potuto fare, e dare. Ha imparato a spendere ogni minuto della sua vita per difendere la bellezza delle cose fragili.


7 ottobre 2012: il risveglio in Ospedale

Dal 2012 Maria Laura è un soggetto fragile. A settembre di quell’anno, a seguito di un incidente stradale sulla Ravenna-Bologna mentre stava tornando dall’Università, è entrata in coma ed è rimasta in questo stato per tre settimane. Si è risvegliata il 17 ottobre 2012

“Il mio primo ricordo, dopo quel giorno, è la mia stanza di Ospedale: Mi sono accorta che la disposizione dei mobili era differente, che il colore delle pareti era differente, che il letto era in un’altra posizione. I ricordi sono riaffiorati piano piano, ma quando mi sono svegliata non capivo chi fossi né dove fossi”. 
Una volta dimessa dall’Ospedale Maria Laura è entrata alla Casa dei Risvegli dove è rimasta per 4 mesi al fine di iniziare il suo percorso di riabilitazione per le lesioni cerebrali subite a causa dell’incidente. 
“E’ come se il mio cervello si fosse spiaccicato sulla scatola cranica, un po’ come succede ai piloti di formula uno quando hanno grossi incidenti”. 


Il ritorno a casa: un corpo che cambia


Trascorsi questi mesi di riabilitazione Maria Laura torna a casa, a Castelnuovo in provincia di Modena, dove ad accoglierla ci sono mamma Lucia, papà Lucio, e i fratelli Elisa e Matteo. 
“Tornare a casa è stata una grande botta per me: osservare le persone intorno a me che, giustamente, portavano avanti la loro vita, era molto difficile da digerire. Ma poi ci si abitua a tutto. Nel giro di pochissimo tempo ho messo su parecchio peso, finché un giorno mi sono guardata allo specchio e mi sono resa conto che non stavo reagendo”. 
Inizia così il processo di cambiamento di Maria Laura: a piccoli, piccolissimi passi, riprende consapevolezza del suo corpo e riconquista piano piano spazi di autonomia, di espressività, di vita. A partire dalle azioni più banali, che di banale poi non hanno proprio niente, ma che diamo per scontate, perchè si svolgono integralmente senza il controllo della coscienza. 

Camminare – racconta – non è più un atto volontario: quando muovo un piede devo prima pensarci. Ho iniziato a migliorare solo quando ho accettato la mia condizione e ho compreso le mie difficoltà. Prima dell’incidente praticavo danza e yoga a livello agonistico: mi sarebbe piaciuto tornare i ai miei sport e alle mie passioni ma sapevo non sarebbe stato possibile. Così ho iniziato ad allenarmi da sola in casa: prima due passi intorno al giardino di casa, poi fino al parco dietro casa, poi ancora fino al centro storico.
Il mio equilibrio migliorava ed io mi sentivo meglio come umore, mi accorgevo che il mio corpo stava rispondendo bene, che il feedback era immediato. In Ospedale mi hanno proposto la danza in carrozzina, ma io ho detto no: ho capito che la parentesi, bellissima, della danza, era per sempre chiusa e che dovevo lasciarla così com’era, con i ricordi che ancora conservo. Oggi non sono più la stessa persona: il mio corpo è cambiato, io sono cambiata. La danza mi ha insegnato tanto: a conoscere profondamente il mio corpo, a percepire il dolore, che è diventato parte integrante della mia vita e mi ha permesso di portare avanti il percorso di riabilitazione e di capire quali fossero i movimenti giusti da fare. Danza e yoga mi hanno insegnato a cadere e a farlo “con stile”. Così non mi faccio male e nessuno si ferma a dirmi poverina se mi vede per terra”. 


La ricerca di un lavoro

Oggi Maria Laura ha 31 anni e dal mese di aprile è assunta a tempo determinato dalla cooperativa La Porta Bella per il progetto pet oriented Jofi CoEvolution, nato nel 2023 proprio per sostenere il valore umano e la preziosa opera delle persone con fragilità. Insieme a Monica, l’altro lavoratore fragile, a Samanta, educatrice, Alice, sarta, e Sofia, coordinatore del progetto, è parte attiva nella realizzazione dei prodotti a marchio Jofi Coevolution dedicati al benessere dei nostri amici a quattro zampe. 

Maria Laura e Monica, due dei lavoratori fragili inseriti nel progetto, insieme a Samanta, educatrice 

“Questo è il mio primo lavoro e mi piace molto – racconta: trovo l’ambiente molto stimolante e mi sono sentita da subito accolta. In questi primi mesi ho fatto di tutto: ho stirato, cucito, tagliato, imbottito, messo le asole, disegnato, lavato. Il nostro è un gruppo di lavoro eterogeneo, ogni persona ha le sue gioie e i suoi dolori. Ho scelto di lavorare per questo progetto perché mi sento partecipe. E perché voglio essere autonoma: prima dell’incidente vivevo a Ravenna, da sola. Dopo l’incidente i miei genitori mi sono stati molto vicini, ma poi mi hanno detto: “hai le tue gambine e ora puoi camminare da sola”. E così ho fatto. Qui non è richiesta perfezione, ma autenticità. Certo, ci sono cose in cui bisogna essere precisi come la macchina da cucire, ma anche altre in cui ci si può passare sopra anche se non si è precisi al millimetro e questo dà senso di autenticità”.

Maria Laura al lavoro nel laboratorio Jofi CoEvolution

Dal mese di settembre Maria Laura passerà alle ventidue ore settimanali con assunzione a tempo indeterminato. “Il 56% dei soggetti fragili che intraprende un percorso di inserimento lavorativo – spiega Andrea Atti presidente della Cooperative e ideatore del progetto – abbandona durante i primi 5 mesi di stage; solamente il 19% ottiene un contratto di lavoro. La sfida è questa: rafforzare, accrescere e stimolare le abilità professionali di ogni persona fragile coinvolgendola in tutte le fasi del percorso produttivo, renderla co-protagonista di ciascuna di queste fasi: ideazione del prodotto, realizzazione e sviluppo, comunicazione”.  

Giocati la forza della tua fragilità

scrive Giovanni Ippolito, psicologo e psicoterapeuta sistemico-relazionale. 

Ma cosa significa fragilità? 

L’etimologia della parola riconduce al latino frangere, rompere, spezzarsi, andare in frantumi. Si dice “fragile” ciò che si rompe facilmente, specialmente quando viene urtato. Si dice fragile, in senso figurato e riferito a persona, chi oppone poca resistenza al dolore fisico, e dunque è delicato o fragile. Fragile è anche chi fatica a far fronte alla sofferenza morale, e quindi è emotivamente debole. (fonte: enciclopedia Treccani)

Il concetto è chiaro a proposito degli oggetti: una cosa fragile, pensate a un vaso di vetro, si può rompere facilmente e diventa poi difficile ricostruirla. Questo concetto si può applicare in modo speculare anche all’uomo? In realtà, come dice lo psichiatra Vittorino Andreoli, “la fragilità rifà l’uomo“. E’ un’opportunità, da non sprecare. Ci consente di guardarci dentro, di ripensare al nostro stile di vita, alle nostre passioni, al chi siamo e dove andiamo. E ci aiuta ad essere consapevoli dei nostri limiti e delle nostre debolezze, scoprendo così l’importanza esistenziale dell’umiltà.

Alcuni dei dipinti ad acquerello di Maria Laura, esposti al Torrione medievale di Castelnuovo per raccontare il suo percorso di rinascita dopo il coma (ph. ModenaToday)

“Le persone con fragilità – sottolinea Maria Laura sono viste come persone con dei limiti. Si pensa che un soggetto fragile sia impossibilitato a fare certi lavori, che sia necessario avere sempre un occhio di riguardo nei suoi confronti. Io sto facendo di tutto per abbattere i miei limiti, e spero di riuscirci”. 


L’ironia salverà il mondo

Maria Laura si è risvegliata dal coma.
Dopo aver perso ogni funzionalità a causa delle lesioni cerebrali ha ripreso a camminare, a parlare, a mangiare, a ridere e a vivere. Ad essere autoironica. 
“Bisogna avere autoironia. Quando ho avuto l’incidente, mia sorella era già sposata e poco prima mi aveva detto che aspettava un bambino. Quando è nata mia nipote sono andata a trovarla in Ospedale in carrozzina. La carrozzina è diventata il deambulatore, poi il bastone”. 

Dal 2018 pratica arrampicata a livello agonistico, con la PGS Welcome di Bologna, dipinge e lavora.
“In Ospedale mi hanno detto che arrampicare avrebbe potuto aiutarmi, come sport, per i miei problemi legati ad equilibrio e coordinazione. La mia insegnante, Letizia, mi ha aiutata moltissimo: durante la pandemia mi mandava i video e mi spronava a fare esercizi particolari per mantenermi in allenamento. Questo sport mi è piaciuto subito perchè mi ha dato libertà di movimento: quando cammino devo stare attenta a tutto, ai movimenti del terreno, alle persone che mi vengono incontro, mentre quando arrampico, posso essere libera. La gravità che per tutti è un impedimento, è invece la mia migliore amica perché riesco a stare ferma in un punto e a muovere braccia e gambe tranquillamente senza dover pensare al mio equilibrio perché sono sospesa. E’ bellissimo”. 

Maria Laura non è fragile.
Maria Laura è una delle nostre preziose persone. 

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